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Biografia Diana Wild
21 aprile 1977
Diana Wild a 20 anni espone i suoi dipinti nella galleria Zu Harfe a
Costanza.
A vent’anni si diploma al Centro Scolastico per le Industrie Artistiche
conseguendo il diploma nella sezione pittori. Contemporaneamente coltiva
la sua passione vendendo dipinti a privati e espondendo in alcune
gallerie.
Terminato lo CSIA si iscrive alla sezione di disegno architettonico e
restauro alla SUPSI.
Concluso gli studi apre una galleria d’arte (Solarte) a Massagno nella
quale ospita diversi artisti e espone in prima persona alcune delle sue
opere più significative.
Nel 2008 inizia un nuovo percorso sperimentando nuove tecniche
utilizzando materiali innovativi (derivati del bitume).
Oggi oltre a dipingere e esporre i suoi lavori desidera trasmettere
questa passione a tutte quelle persone in cerca della propria creatività
espressiva in campo artistico.
I corsi di pittura, organizzati all’atelierwild, sono frequentati da
diverse persone e rispecchiano perfettamente il desiderio di Diana.
Esposizioni
1997 Galleria
Zu Harfe Costanza
1995 Galleria Solarte a Massagno
Dal 1998 al 2007 Vendita di opere a privati
(esposizione permanente in atelier)
2008 Casa privata Riva San Vitale
2010 Municipio di Riva San Vitale
2011 Albergo Bissone
2013 Immobiliare Bandel Lugano
Dal 2010 atelierwild Lugano.
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Testo di Edoardo Agustoni
La recente produzione artistica Diana Wild, incentrata su alcuni
eccentrici materiali pittorici, persegue una linea sperimentale portata
avanti ormai da diversi anni, ma che con il trascorrere del tempo
evidenzia dei sottili e significativi mutamenti nell'esito formale e
compositivo. Al centro di questa sperimentazione è principalmente un
componente insolito in pittura, ossia il bitume, un derivato del
petrolio. L'utilizzo di questa sostanza anche se abbastanza inusuale nel
campo artistico, non era comunque completamente sconosciuta agli artisti
soprattutto in epoca antica, come nell'arte bizantina delle icone, dove
trattata in modo particolare veniva stesa quale velatura per proteggere
i colori. Entrata per caso in contatto anni fa con questo liquido
nerissimo, lucido, dall'odore acre e quasi ripugnate, l'artista ne è
stata sin da subito conquistata, tanto che ha iniziato a sperimentarne
tutte le sue potenzialità espressive. Se nelle sue prime opere il bitume
veniva steso sull'intera superficie della tela e poi procedeva per
sottrazione, ora l'artista parte da una macchia di bitume -come non
ricordare le interessanti sperimentazioni sulla macchia dello psichiatra
svizzero Hermann Rorschach- e accanto all'operazione del levare,
affianca delle velature e delle stesure di lievi e trasparenti cromie.
L'operare di Diana Wild avviene con la tela posata in verticale, sulla
quale lascia cadere in modo del tutto casuale del bitume liquido, che
sgocciolando crea una fitta e sottile rete di rigagnoli: da qui il
titolo evocativo della mostra "Scende tutto ciò che è liquido". Inizia
quindi una lenta operazione di lavorazione della macchia, la quale
subisce parziali velature attraverso degli stracci, delle carte
impregnate di colle, imbevute di alcool, di cenere, di vino e fondi di
caffè. Sembrano ingredienti di un oscuro processo alchemico, dove i
materiali prevalentemente organici subiscono sulla tela delle
trasformazioni e dei mutamenti tali da non poter più essere
riconosciuti. Il risultato di queste opere presuppone una sensibilità
nello sperimentare una tecnica del tutto personale, nel cercare degli
accorgimenti e delle soluzioni che nascono con "il fare": e qui penso
che la sua formazione professionale, dapprima al CSIA e poi nel campo
della decorazione e del restauro, abbiano contribuito a sviluppare e
sensibilizzare la manualità dell'artista.
Si tratta di dipinti che rispetto ai primi lavori rigorosamente
monocromi, presentano degli sfondi trattati con leggere tonalità
pastello, dall'azzurro, al verde acqua, al rosato. Su queste lievi e
trasparenti campiture policrome, si staglia la macchia iniziale, la cui
forma sembra evocare certe ambigue figure in bilico tra il mondo animale
e quello vegetale e che ritroviamo in alcune opere di artisti
Surrealisti, tra i quali Dalì e Ernst. Attorno a queste grandi macchie
oscure, inquietanti, dalle forme quasi magmatiche, di roccia
sedimentata, di antiche stratificazioni che si espandono in mille
ramificazioni, l'artista procede per sottrazioni ad attenuarne
l'intensità cromatica, ottenendo delle tonalità ramate. Attraverso
velature con carte trasparenti stese con sottili ripiegamenti e
rigonfiamenti, introduce poi lievi sfumature dalle tonalità pallide,
leggere, con colori terrosi, appartenenti alla gamma dei marroni:
dall'ocra, al Siena, al seppia, al rame. Colori delicati, acquarellati,
sfumati, che contrastano con la primigenia macchia oscura, suggerendo
ampi spazi, orizzonti infiniti, dolci colline, rive lacustri, distese
sabbiose, mari e cieli lontani, brume mattutine, vapore acqueo.
Su tutto prevale lo spazio vuoto, suggerito da ampie campiture quasi
uniformi di colore. Pieno e vuoto, velato e svelato, pesante e leggero,
chiaro e scuro, calma e tensione: è su questi opposti che procede il
delicato lavoro di aggiunta e sottrazione della Wild, il cui risultato
denota una non comune sensibilità tecnica e artigianale, pronta a
sperimentare e cercare sempre nuove soluzioni, nell'intendo di tradurre
visivamente intime sensazioni e reconditi moti dell'animo.
Edoardo Agustoni
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